Lampredotto, le origini dello street food fiorentino
Enrico I regnò sull’Inghilterra fino al 1135, non si sa bene se morì il 1° dicembre o il giorno successivo, ma quel che si sa è che il re morì per un peccato di gola.
Come molti altri personaggi importanti dell’epoca, Enrico I era ghiotto di lampreda, un pesce molto diffuso nel Regno Unito e non solo. Un ingrediente che si prestava bene come base di piatti prelibati che facevano impazzire nobili e aristocratici, nonostante il suo aspetto grottesco e inquietante. Il giorno della sua morte Enrico I era in Normandia, si trovava nel bel mezzo di una battuta di caccia quando morì per avvelenamento. Il dottore che lo seguiva lo aveva già avvisato da tempo, gli aveva sconsigliato di mangiare lamprede ma Enrico I, che era il re e non doveva di certo sottostare agli ordini di altri, decise di non ascoltarlo. Se mangiò troppa lampreda o se quella mangiata fosse avariata non si sa con certezza, ma fu quella la causa del suo male, che lo portò alla morte a Saint-Denis-le-Fermont. Da allora la lampreda viene ricordata dal popolo inglese come “il pesce che uccise il re”.
La lampreda era un piatto amato dalla nobiltà inglese – apprezzatissimo anche da Tyrion Lannister ne “Il trono di spade” – ma anche da quella fiorentina. Poiché non tutti avevano accesso a un piatto così prelibato, i fiorentini decisero di trovare un’alternativa che fosse altrettanto gustosa ma meno costosa. Si inventarono, con l’ironia che da sempre li contraddistingue, il “lampredotto“. La popolazione povera e contadina non aveva a disposizione altro se non frattaglie, usando l’abomaso (uno dei quattro stomaci del bovino) diedero inconsapevolmente vita a quello che oggi viene definito il re dello street food fiorentino. Se uno pensa a Firenze dal punto di vista culinario, insieme alla pappa al pomodoro e alla bistecca alla fiorentina, il lampredotto è una delle prime cose che vengono in mente. Iniziarono a spuntare in ogni angolo della città i carretti, oggi trasformati in food truck, che servivano il lampredotto bollito, accompagnato dall’immancabile salsa verde, preferibilmente all’interno di un semelle. Si tratta di un tipico panino fiorentino la cui parte superiore viene inzuppata con il brodo in cui è stato cotto il lampredotto, per renderlo ancora più gustoso. In questi ultimi anni la riscoperta dei piatti della cucina tradizionale, i più poveri, ha portato anche a svariate rivisitazioni e a una rivalutazione dei prodotti, lampredotto incluso. C’è chi dice che questo piatto da street food prenda sì il nome dalla lampreda, ma perché la forma ricorda quella della bizzarra bocca del pesce. Il lampredotto è composto da una parte più saporita e magra, la gala, e la spannocchia, un po’ più grassa. Lorenzo Nigro al Mercato Centrale Firenze e Roma porta avanti la tradizione del lampredotto avviata dal nonno Luigi, utilizzando sempre prodotti di qualità e avvalendosi della collaborazione di un fidato fornitore, al suo fianco ormai da 15 anni. Inutile dire che la ricetta, che cambia di famiglia in famiglia, rimane top secret. La parola d’ordine d’obbligo, invece, è sempre la stessa: quinto quarto.
Foto di Federica Di Giovanni
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