Nutraceutica, il cibo come medicina nella Grecia di Ippocrate
Non è una novità che il cibo abbia questa rilevanza, prima della medicina moderna il cibo era ampiamente usato per curarsi, anche se i benefici noti sono sempre stati quelli di erbe e spezie. “Nutraceutica” is the word. Il termine è un neologismo coniato da Stephen De Felice nel 1989 per indicare qualcosa di cui l’uomo è sempre stato cosciente: il cibo è fondamentale per il nostro benessere. E ci sono alcuni alimenti che contengono dei principi nutrienti molto importanti. Ai nostri giorni la produzione industriale abbatte buona parte dei nutrienti presenti nel cibo, che però vengono estratti e aggiunti nelle quantità necessarie – e regolamentate. Parliamo, più “banalmente”, di vitamine, antiossidanti e così via. Non ci facciamo troppo caso ma spesso le integrazioni sono segnalate nelle confezioni degli alimenti che acquistiamo e i nutraceutici sono già presenti nel cibo, per esempio i pomodori, arance, melograni, pesce azzurro, carne di manzo, aringhe, olio d’oliva, ananas. Più ironicamente, la nutraceutica racchiude (quasi) tutto quello che rientra nella definizione di una nonna o di una mamma quando dice “Mangia che ti fa bene”. A meno che non sia fritto. Com’è ovvio, la scoperta di questi benefici non è da attribuire nè a De Felice nè alla medicina moderna, la scienza oggi si è occupata di ottimizzare il cibo, adattandolo alle necessità dei consumatori. Qualcuno, molto tempo prima, aveva già parlato del cibo come medicina.
Ancora oggi chiunque decida di intraprendere la carriera medica pronuncia il giuramento di Ippocrate, un concentrato di etica professionale che ha sempre un grande valore, anche se purtroppo non sempre viene seguito alla lettera. Ippocrate non vincolò la sua attenzione alla sola filosofia, tanto amata dai greci, ma decise di concentrarsi sulla ricerca, viaggiando per ampliare le sue conoscenze. Il suo è stato un approccio eziologico, ovvero decise di approfondire le cause delle patologie. Se oggi può sembrarci così scontato come approccio, non lo era affatto allora, quando il popolo si affidava a oracoli e superstizioni.
Ippocrate aveva identificato quattro umori base: bile nera, bile gialla, flegma e sangue. Erano correlati ai quattro elementi e rispettivamente a terra, fuoco, acqua e aria, ognuno con una “sede” in una parte specifica del corpo umano. Per stare bene è necessario che vi sia equilibrio tra gli elementi, che influenzano il carattere e la personalità di ciascuno. La dieta e l’alimentazione, come si vide anche in seguito da chi sviluppò le conoscenze di Ippocrate, erano fondamentali per riuscire a trovare questo equilibrio. Ma cosa mangiavano gli antichi greci?
Ippocrate nacque nell’età di Pericle, quella in cui Atene raggiunse l’apice della sua gloria. Ovviamente la dieta dei greci era di base mediterranea ma i pasti non erano troppo sfarzosi. La popolazione viveva fondamentalmente di agricoltura e gli ingredienti principali utilizzati erano l’olio d’oliva, il miele, il latte, seguendo un regime di quattro pasti al giorno, dei quali la cena era il più importante e abbondante. La versione greca del banchetto era il symposium, che si divideva in due parti: una interamente dedicata al cibo e una dedicata al vino, in cui si alzavano i calici inneggiando a Dioniso. Tuttavia nella seconda parte il cibo non svaniva mai del tutto, permetteva di assorbire l’alcol e far proseguire i festeggiamenti fino a tardi. Tra gli altri ingredienti usati dai greci c’erano l’orzo, cavolo, cipolle, legumi come fave, lenticchie e piselli, uva, fichi, melograni e noci. I greci erano soliti consumare della frutta secca a fine pasto, mentre non erano dei grandi estimatori di carne. La cacciagione e la carne in genere erano una prerogativa dei ricchi, così come il formaggio, a seconda della stagionatura, da accompagnare con miele e verdure.
Pare che i greci oltre che amanti del vino – che esisteva in più varietà e qualità – fossero degli ottimi degustatori di acqua. Conoscevano le zone in cui era qualitativamente superiore e la distinguevano in varie categorie: leggera, robusta, secca o pesante. I greci, si sa, erano molto superstiziosi e col vino ci andavano cauti: lo bevevano sempre mescolato con dell’acqua, credevano infatti che diversamente avrebbero rischiato di impazzire o addirittura di morire. Le donne, tranne quelle spartane, non potevano bere vino e a loro era concessa un’eccezione: i greci erano convinti che bere vino, almeno quello dell’Arcadia, le rendesse fertili. I greci erano noti per la loro frugalità ed esaltavano la vita semplice, anche per contrastare lo sfarzo tanto amato in Persia. Se si parla di frugalità, l’esempio più importante rimane quello di Sparta. Non a caso il termine “spartano” viene usato ancora oggi per indicare semplicità, qualcosa che sia ridotto all’essenziale. Gli spartani erano soliti mangiare il cosiddetto “brodo nero” o “zuppa nera”, fatto con maiale, vino e sangue di maiale. Una pietanza che per qualcuno era disgustosa, ma non per gli anziani di Sparta, che si nutrivano principalmente di quello, come racconta Plutarco. Il piatto era noto perché poco invitante e anche perché, come già detto, i greci non erano dei grandi fan della carne. Il vegetarianismo era lo stile di vita che andava per la maggiore, seguendo la concezione di Empedocle si credeva nella trasmigrazione delle anime e nell’importanza di non far soffrire gli animali. Diversamente da buona parte del popolo greco, gli atleti delle Olimpiadi la carne la mangiavano in enorme quantità. Già allora per gli atleti era importante seguire delle regole ben precise e una dieta ferrea, realizzata in base alle esigenze del singolo usando il cibo per garantire maggiore benessere. Gli atleti non potevano bere vino o mangiare dolci deliberatamente, le loro prestazioni avevano un altissimo valore. Basti considerare che in occasione dei giochi venivano sospese perfino le guerre.
Pane, frutta secca, pesce e verdura erano gli ingredienti principali delle diete degli atleti. La carne fu introdotta nel corso del tempo, quando fu chiaro che le proteine animali conferivano più forza e miglioravano le prestazioni degli atleti. Tra i piatti, quindi, fu inclusa anche la famigerata zuppa nera tanto cara agli spartani. I greci erano già a conoscenza di quella che oggi chiamiamo nutrizione funzionale e dell’importanza dello studio degli alimenti e degli elementi. Fu proprio Ippocrate a scrivere una frase che sentiamo pronunciare spesso: lasciate che il cibo sia la vostra medicina e la vostra medicina sia il cibo.
Foto di Federica Di Giovanni
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