Primavera sinestetica
Si è sviluppato, così, un filone di cene al buio, magari bendati, in cui olfatto e tatto hanno la meglio e il gusto arriva solo alla fine, molto più intenso perché meno “scontato”. Lo diciamo sempre, l’occhio vuole la sua parte e spesso siamo portati a giudicare il piatto in base a quello che vediamo. Si può dire che lo assaporiamo prima con gli occhi che con le nostre papille gustative e, anche inconsciamente, abbiamo già un giudizio in merito. In un soggetto sinestetico il colore di un cibo può fare pensare a un determinato odore; un odore può fare immaginare un sapore in particolare. Anche se non si tratta sempre di sinestesia, in cucina, giocando con i sensi, ci si può arrivare molto vicini.
Il materiale che usiamo per approcciarci al cibo ne cambia il sapore, possono influire la dimensione delle posate e dei contenitori. Negli ultimi anni è stato ampiamente rivalutato il fascino di ciò che ha un richiamo primitivo, non solo nell’alimentazione, ma nelle modalità in cui si assume il cibo. Lasciando perdere il galateo, c’è chi rivaluta l’esperienza del mangiare solo con le mani o con strumenti – cucchiai, forchette, coltelli – più grezzi rispetto a quelli che usiamo solitamente. Il cibo stesso può diventare un utensile o una posata, come una foglia di carciofo o un gambo si sedano usati a mo’ di cucchiaio o di piattino dalla forma insolita. Una ricerca svolta dall’Università di Oxford nel 2013 ha riportato che, per esempio, i cucchiaini più piccoli rendono i cibi più dolci. Queste sperimentazioni, è risaputo, coinvolgono anche il suono, perfino il “rumore” stesso del cibo, quello che sentiamo quando si frantuma o mentre mastichiamo.
La sinestesia è, fondamentalmente, una risposta ad uno stimolo sensoriale, un’influenza tra più sensi, automatica o involontaria. Questo fenomeno è complesso e al momento parzialmente inesplicabile, è il risultato di uno stimolo rivolto ad un senso specifico che scatena la reazione di un altro senso. Si parla, così, di “gusto delle parole” o del “colore delle note musicali”, c’è chi del colore avverte perfino il sapore. La primavera è forse la stagione più adatta agli stimoli sensoriali, ci sono molti più cibi, colori e profumi a disposizione per stimolare i propri sensi. Per esempio, l’arancione stimola l’appetito e in generale lo fanno i colori caldi, ma è preferibile utilizzarli in piccole quantità. Il fenomeno della sinestesia è stato abbondantemente studiato dallo psicologo Aleksandr Romanovič Lurija (in “Viaggio nella mente di un uomo che non dimenticava nulla”). Molti artisti hanno sfruttato il potenziale sinestetico per le loro opere o per rendere l’esperienza sensoriale a tavola ancora più intensa. La Heinz, per fare un esempio, ha prodotto nuovi gusti dei suoi celebri Heinz Baked Beans in collaborazione con i food designer Sam Bompas e Harry Parr. Hanno creato dei cucchiaini e delle ciotole apposite per esaltare l’esperienza culinaria tramite i materiali, le forme, le consistenze. Jinhyun Jeon ha creato la serie di posate “Stimuli” che hanno texture e materiali diversificati, ceramiche di più colori, per rendere varia l’esperienza del gusto. Tramite questi stimoli, infatti, vengono coinvolti tutti i sensi, così come accade nel caso delle stoviglie in bioplastica di Graft. È risaputo che l’occhio vuole la sua parte e che il nostro primo vero giudizio sul cibo arriva ancor prima di averlo mangiato. Non a caso l’impatto estetico è stato rivalutato negli ultimi anni ed ha quasi superato, in ordine di importanza, il gusto stesso. Così in cucina la sinestesia va di pari passo con la suggestione. I sensi si mescolano come gli ingredienti nel piatto.
La sinestesia è un fenomeno che esiste da sempre, già Pitagora accomunava i numeri ai suoni, spesso è alla base di tecniche mnemomiche, anche se non tutti sono in grado di metterla in pratica (il fenomeno coinvolge solo il 4% della popolazione). Da questo tipo di accostamenti e intrecci multisensoriali arriva anche la sinestesia come figura retorica. Nel quotidiano usiamo un banale “ci sentiamo per e-mail” senza nemmeno renderci conto che si tratti di due piani sensoriali diversi. Di sinestesie nel mondo della poesia e della letteratura se ne trovano moltissime, dagli “sguardi silenziosi” di Virgilio passando per “l’aria di vetro” di Eugenio Montale. Più sensi in un’unica sfera sensoriale, tra i quali spesso a risaltare è il gusto. Il dolce e l’amaro della vita e tutte le sfumature che si trovano nel mezzo, perché anche i sentimenti hanno bisogno di essere assaporati.
Foto di Federica Di Giovanni
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