Tutte quelle storie sul lunedì
Tutt’oggi persiste l’influenza delle antiche credenze astrologiche in tutte le lingue indoeuropee. Basti pensare che anche il “Monday” inglese deriva da “moon”, la luna. Fa eccezione, in inglese, il “Saturday” rimasto legato a Saturno, mentre in Italia è rimasto legato al giorno di riposo šabbāt della religione ebraica. Secondo il calendario celtico il giorno della luna appartiene all’elemento dell’acqua ed è un giorno da dedicare agli affetti, alla famiglia, la casa, la nutrizione e la crescita. La luna, inoltre, protegge l’agricoltura, i campi e gli allevamenti. Abbiamo ereditato la settimana di sette giorni dai romani, che a loro volta l’avevano presa in prestito dalle culture più antiche, come quella babilonese. La domenica, con l’avvento del cattolicesimo, è arrivata a rimpiazzare il sabato di riposo ebraico ed è per noi il preludio del giorno più difficile della settimana. Tantissime sono le canzoni dedicate al lunedì, da quelle di Lucio Dalla a Vasco Rossi, passando per i Verdena, Samuele Bersani, Niccolò Fabi ma anche i Fleetwood Mac, Wilco e The Bangles con la celebre “Manic Monday”. La canzone fu scritta da Prince: il risveglio nel bel mezzo di un sogno alle 6 di lunedì mattina, desiderando la domenica in quello che “è solo un altro giorno frenetico”.
Questa pessima nomea del lunedì, che ha tra i suoi hater più celebri il gatto Garfield, è finita anche al centro di una brutta vicenda di cronaca, avvenuta a San Diego, California, alla fine degli anni Settanta. Brenda Ann Spencer aveva solo 16 anni quando, il 29 gennaio 1979, si affacciò alla finestra, guardando verso la Grover Cleveland Elementary School che si trovava proprio di fronte casa sua. Con un fucile calibro 22 semiautomatico, regalatole dal padre in occasione del Natale ’78, iniziò a sparare a caso alle persone che stavano entrando nella scuola, uccidendone due e ferendo otto bambini. La situazione di panico durò per sei ore – per un totale di ben 30 caricatori – fin quando una squadra della SWAT non riuscì a fermarla. Il crimine commesso era stato in qualche modo preannunciato dalla Spencer che, interrogata sull’accaduto, tra le dichiarazioni deliranti che rilasciò disse che uno dei motivi era che non le piacevano i lunedì. Il caso volle che la notizia arrivasse, tramite la macchina telex che era alle sue spalle, ad attirare l’attenzione di un tale di nome Bob Geldof, che in quel periodo si trovava ad Atlanta, Georgia. Una sedicenne era appena stata la protagonista di una terribile sparatoria nella quale due persone erano rimaste uccise e tutto questo era successo senza alcuna ragione, in quello che era iniziato come un normalissimo e banalissimo lunedì. Allora il giovane cantante irlandese suonava in una band nominata The Boomtown Rats che nel giugno 1979 rilasciò un singolo intitolato “I don’t like Mondays”, il loro brano più celebre. Geldof, diversi anni dopo, si è dichiarato pentito di averlo scritto poiché, seppure involontariamente, rese famosa la Spencer.
La colpa non è solo del lunedì
Il lunedì vuol dire ricominciare ma il riposo, soprattutto per i pigri, non è mai abbastanza. Se volete del male a qualcuno, una vita di soli lunedì è l’augurio peggiore che possiate fare. Questa avversione nei confronti del malcapitato giorno trova il suo apice nel Blue Monday, una trovata pseudoscientifica che si è rivelata perfetta dal punto di vista commerciale. La canzone dei New Order è arrivata ben prima che il Blue Monday fosse istituito: il synth pop del 1983 contro la trovata del canale televisivo britannico Sky Travel del 2005, che decretò che il 24 gennaio era il giorno più deprimente dell’anno nell’emisfero boreale.
Tutto questo era stato calcolato in base a un’equazione rivelatasi poi priva di fondamento e calcolata a favore delle agenzie di viaggi, in sostanza, per cogliere il periodo i picco di malumori. Nei momenti in cui sono più tristi, le persone sono più propense ad organizzare i loro viaggi e allora perché non scegliere il giorno più triste per eccellenza? In seguito, il Blue Monday è diventato anche un pretesto per mostrare supporto alle persone affette da depressione e per parlare di salute mentale, ma la causa da cui è scaturita questa giornata è di natura puramente commerciale. Il calcolo dell’algoritmo tiene in considerazione diversi fattori, tra cui il tempo speso in attività culturali, quello trascorso dormendo o preparando i bagagli. Una diversa formula tiene conto di debiti, salario mensile, livelli motivazionali, il fallimento dei buoni propositi e il tempo trascorso dal Natale. Nel 2020 il Blue Monday cade il 20 gennaio e, considerato il periodo in cui è ormai tradizionalmente collocato e che il calcolo sia stato fatto in Gran Bretagna, alcuni dei motivi del successo della formula potrebbero essere l’appesantimento dopo le feste e la poca luce disponibile, un problema generalmente diffuso nei Paesi nordici. Il responsabile dello studio è Dr. Cliff Arnall, che venne spacciato per un docente “dell’Università di Cardiff” (che però prese subito le distanze dai suoi pseudostudi), e che sperava di trovare anche la formula che portasse ad avere almeno una piccola certezza nella vita: un giorno tranquillo e felice che, stando ai suoi calcoli, cade solitamente a giugno, ogni anno in un giorno diverso. Stavolta i fattori tenuti in considerazione per l’algoritmo erano il tempo speso in attività all’aperto, interazioni sociali, la temperatura, i ricordi delle estati passate. Lo studio era stato condotto per Wall’s (il corrispettivo di Algida), azienda produttrice di gelati e, guarda caso, il giorno più felice dell’anno cadeva sempre intorno alla data del solstizio d’estate. Serotonina, felicità, gelati: un’altra trovata commerciale ben confezionata, ma che ha riscosso molto meno successo del Blue Monday. Dopotutto, basterebbe ricordare che non potrà mai esserci un algoritmo che calcoli una giornata particolarmente triste o felice, ma non c’è niente che non si possa risolvere con un buon piatto di pasta.
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