Alessio Bertallot, quando il cibo e la musica si incontrano
Partiamo dal principio, ovvero dalla passione per la musica e la radio di Bertallot, com’è nata e perché:
Credo che sia nata da piccolo quando ho capito che la musica era anche un elemento fondamentale di condivisione: non puoi far musica da solo. È arido sia farla che ascoltarla da solo, necessariamente richiede un palco scenico e un pubblico ed è onesta, la musica. Si propone, si offre e porta gioia.
La descrizione che Alessio Bertallot fa della musica calza a pennello con un altro elemento, anch’esso è condivisione e porta gioia e, ovvio, stiamo parlando del cibo:
Quando si tratta di cibo cerco di avere stile, che non vuol dire fare i “fighetti”. Viviamo in una società molto ricca in cui la quantità e facile e invece la qualità bisogna sceglierla ed è esattamente lo stesso problema che hanno tutti i dj: la musica è tutta a disposizione e bisogna essere capaci di selezionarla, bisogna imparare a fare delle scelte a non esagerare con la quantità e ad avere una visione di quella che è la qualità delle cose. Questo vale quando vai a mangiare, per quello che compri, così come per quello che ascolti. Non ci pensiamo mai ma noi siamo uno specchio di ciò di cui ci circondiamo, di ciò che ingeriamo, di ciò che ascoltiamo, di ciò che respiriamo e siamo gli unici che possono fare la scelta finale.
Visto che è abituato a selezionare e proporre musica, abbiamo chiesto ad Alessio Bertallot una mini-playlist di 5 brani come sottofondo di una cena tra amici:
Se è una cena tra amici italiana direi che potremmo ascoltare un pezzo di Piero Piccioni, un pezzo di Ennio Morricone, appunto “Metti una sera a cena”, un pezzo di Satie dalle “Gymnopédies”, potremmo sentire una canzone italiana di Fabio Concato o Ron e poi potremmo finire con un classicone italiano che è una canzone di Lucio Battisti.
Nel corso della sua carriera Bertallot ha avuto modo di conoscere molti artisti e vivere diverse esperienze, pensando a un aneddoto legato al cibo e alla musica, ci ricorda di quella volta che andò a pranzo con Lou Reed:
Una volta mi ricordo che ho pranzato con Lou Reed, eravamo a Genova e mi aveva chiesto di fare un remix di un suo pezzo [Walk On The Wild Side, 2003, ndr], mi aveva chiesto di incontrarci, lui aveva ordinato un branzino e non era assolutamente capace di spinarlo! Eravamo in questo posto genovese, ristorante antico con le mura risalenti al periodo dei Doria e ho notato questa figura che per me rappresenta così tanto dal punto di vista musicale che però in quel contesto e con quel cibo classico italiano risultava quasi un alieno, mentre per noi mangiare il pesce o gli spaghetti sono piccole cose che consideriamo normali. Non ho potuto fare a meno di pensare che è importante per l’Italia difendere con orgoglio e sicurezza ciò che è nostro, che è nato qui e che apparentemente potrebbe sembrare anacronistico. In realtà più passa il tempo e più mi rendo conto che è ciò che ci ha fatto grandi e ciò che dobbiamo difendere.
Se è vero che è importante difendere ciò che è nostro e che possiamo e ci può valorizzare, è anche vero che spesso e volentieri la musica italiana viene snobbata:
Questo è anche abbastanza naturale, parlando da dj la musica che si fa all’estero è spesso innovativa, più interessante, ti incuriosisce, ti cattura. Se ci confrontiamo con il resto del mondo il centro dell’impero adesso è da un’altra parte però questo non ci deve togliere la possibilità di conservare e trasportare nella contemporaneità quella che è la nostra prerogativa. Devi conoscere l’uno e l’altro, come Picasso che era capace di fare delle opere iperrealiste; conosceva molto bene la cultura classica, poi si è permesso di trovare una chiave totalmente innovativa ma è partito conoscendo quello che facevano anche gli altri per poi trovare il suo stile.
Conoscere per migliorarsi, un metodo che potremmo usare anche tutti noi dal punto di vista culturale:
Secondo me questo è il segreto di un Paese che riesce a non abdicare alla propria indipendenza e non essere refrattario alle idee degli altri. Firenze è un luogo dove è giusto fare questo tipo di considerazioni, dove le testimonianze della grandezza di un pensiero visionario italiano sull’arte costruttivo, positivista, ha lasciato tracce indelebili e questo secondo me è l’unico salvagente che abbiamo per traghettarci nel futuro.
Una domanda scontata ma dovuta, in conclusione, ovvero cibo, canzone, scenario:
Banalmente ti dico le olive, non so perché mi è venuto istintivamente un pezzo di Mia Martini… “Piccolo uomo”. Scenario? Una costa italiana, che potrebbe essere la Liguria o la costiera calabrese.