Before the ketchup
Sui tomini o col bollito, in Piemonte si usa tutt’ora il “bagnet ross”: pomodori, cipolla, carote, aglio, peperoncino, zucchero, aceto, sale, olio. Questa è la versione casalinga e regionale dell’oggi industrializzato, globalizzato, ketchup.
Lo troviamo sempre al fianco della maionese per accompagnare le patatine o il fritto in genere. A dispetto del suo nome e della diffusione che sembra essere molto made in USA, il ketchup ha origini più lontane e decisamente più esotiche. Il nome deriva dal kichap malese, anche se in realtà la sua storia parte dalla Cina. Nella salsa fermentata a base di pesce da cui prende il nome non v’è alcuna traccia di pomodoro. La ricetta fece la sua comparsa in Europa nel Seicento e da lì iniziarono le prime rivisitazioni, l’aggiunta di pomodoro arrivò solo un secolo dopo, negli USA.
Kichap e colonialismo
La nascita del Tomato Ketchup (termine aggiuntivo necessario per distinguerlo dalla ricetta originaria) si colloca nel 1821 a Philadelphia ma la sua celebrità, che persiste nel tempo, è merito di Henry J. Heinz, ideatore di uno dei marchi tutt’oggi più celebri per la produzione di questa salsa, anche se prima di lui iniziò a produrla Jonas Yerks. Oggi la tendenza ha portato ad una rivalutazione in toto dei cibi e ci permette di trovare delle alternative alla preparazione industriale, il ketchup viene preparato in modo artigianale e non è così difficile da fare, proprio come succedeva tanto tempo fa.
In realtà il linguista Dan Jurafsky fa notare che il ketchup è nato in Cina, la parola deriva dal dialetto del Fujian, che si trova nella zona costiera sud-orientale della Cina. I marinai di allora scoprirono la salsa di pesce preparata dalle popolazioni vietnamite a base di acciughe fermentate. Il termine vorrebbe dire semplicemente “salsa di pesce conservato”, solo in seguito ebbe diffusione in Malesia e con la parola “kecap”. Il colonialismo fu un’epoca di scambi e contaminazioni, olandesi e britannici esportarono, tra le altre cose, anche questa salsa di pesce. È curioso seguirne l’evoluzione, perché la ricetta cambiava in base al paese e agli ingredienti reperibili; per lungo tempo in Inghilterra è stata una salsa a base di funghi.
Ketchup e femminismo
Molto tempo prima della nascita di internet e dei food blogger c’erano solo i libri di cucina, preziosissimi per le massaie perché ricchi di consigli. Eliza Smith è stata una delle più celebri autrici di libri di gastronomia del XVIII secolo, della sua vita non si sa praticamente nulla ma “The compleat housewife” è uno dei primi libri in cui compare la ricetta del ketchup. Pubblicato a Londra nel 1727 e in Virginia nel 1742, è stato il primo libro di cucina pubblicato nelle 13 colonie statunitensi, la ricetta originaria del ketchup appare qui per la prima volta in forma scritta e prevede tra gli ingredienti il rafano, le acciughe e i funghi. “The compleat housewife” è un punto di riferimento importante, non solo per conoscere le abitudini culinarie dell’epoca, è interessante dal punto di vista linguistico e racconta del modo in cui le donne si occupavano della casa, dalle decorazioni ai modi per conservare la carne. La Smith diede un notevole contributo letterario su più fronti, anche se per le abitudini alimentari odierne certi usi dell’epoca potrebbero risultare disgustosi.
Il XVIII è stato un secolo ricco di eventi importanti e personaggi illustri: è stato il secolo della rivoluzione industriale e di quella americana, della Costituzione USA, della presa della Bastiglia, il secolo della scoperta dell’Australia, di Newton, Voltaire, Robespierre, Napoleone, Goldoni, Benjamin Franklin e Beccaria, quello della “mano invisibile” di Adam Smith, di Diderot, del neoclassicismo e del parafulmine, del teatro La Fenice e del Museo del Louvre. È stato il secolo illuminato in cui Eliza Smith ha scritto il suo libro da donna per le donne, che non è solo la ricetta del ketchup, ma la dimostrazione che allora la figura della donna era importantissima ma sottovalutata quanto oggi: era moglie, madre, casalinga, chef, dottoressa, guaritrice, chimica, lavandaia, farmacista. Ma era, nonostante tutto, considerata inferiore. Il XVIII è lo stesso secolo in cui Olympe de Gouges pubblicava la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791). Si tratta del primo documento in cui si chiede la parità dei sessi, un passo fondamentale nella storia evolutiva dei diritti umani, che ha preso spunto dalla Dichiarazione dei Diritti della Virginia stilata nel 1776 e che ci riporta al punto di partenza, nello Stato in cui solo pochi anni prima la Smith, forse inconsapevolmente, rivelava l’importanza da sempre sottovalutata della donna nella società.
“La libera comunicazione dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi della donna, poiché questa libertà assicura la legittimità dei padri verso i figli. Ogni Cittadina può dunque dire liberamente, io sono la madre di un figlio che vi appartiene, senza che un pregiudizio barbaro la obblighi a dissimulare la verità; salvo rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati dalla Legge”.
Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina – Articolo XI
Foto di Federica Di Giovanni