Marcello Trentini, tra la Fée Verte e la Nouvelle vague
It’s (not) only rock’n’roll
L’inarrestabile Trentini dall’animo rock’n’roll non rimpiange le sue vite passate e in particolare i 18 anni. Ripensandoci, dice, “non li rimpiango per niente, sto molto meglio adesso. Allora ero un po’ scavezzacollo, studiavo al liceo artistico e all’Accademia di Belle Arti. Ero frustrato perché volevo la libertà e non ce l’avevo, volevo muovermi ma non potevo permettermelo. I 18 anni erano fatti di tanto tormento. Ero bello, molto bello, però adesso sono più bello”. Sarà questione di narcisismo, sarà merito di questa terza vita, ma Marcello Trentini è in ottima forma e, dice, “Anarchy in the U.K.” dei Sex Pistols è il suo mood. Sa, inoltre, di non essere simile a buona parte dei suoi colleghi. In un mondo di chef spesso un po’ ingessati, Trentini si è sempre distinto perché non è un amante della diplomazia e dice le parolacce, citando la celebre frase di Gianfranco Funari: “Se uno è stronzo, non je posso dì stupidino!”. La seconda suggestione è sempre relativa al tempo: domani. “È già oggi, io vivo sempre proiettato nel futuro, cerco un cambiamento continuo e seguo l’evoluzione della vita e del mio lavoro. Tomorrow never dies”. Si passa a James Bond e al cinema, un’altra grande passione che rientra nel suo variegato background artistico: “Sono una persona che legge e studia molto, guardo molto cinema, studio filosofia. Sono un cuoco atipico, parlo almeno quattro lingue correttamente e la prossima che studierò è quella che è ancora da inventare: l’esperanto”.
“Il cinema in generale è per me un’ossessione. Se devo dire chi ha influenzato il mio modo di esistere più di tutti, è senza dubbio François Truffaut. La nouvelle vague, il concetto di arrivare sempre prima delle mode, di essere precursori. Se dovessi scegliere un film, sarebbe “Les Quatre Cents Coups” (I quattrocento colpi)”.
Si passa, poi, alla scelta tra moka e caffè americano ma Marcello Trentini sceglie l’espresso. “La moka ha tempi troppo lunghi per i miei gusti, il caffè americano lo bevo quando sono in giro per il mondo. Il vero lusso è poter avere un espresso di qualità, però so che esiste. Viaggio moltissimo e ho bevuto espressi eccezionali nei posti più impensabili, da New York a Shangai e Hong Kong”. Se c’è una città che, su tutte, si sposa bene con la personalità e le passioni di Marcello Trentini, è sicuramente la Grande Mela, sotto ogni punto di vista. E lì, al contrario di quanti molti possano pensare, “la cucina italiana è trattata benissimo”. La cucina di Trentini, invece, nasce da “un approccio alla cucina popolare regionale e ai gusti della memoria, un lavoro di ricerca e melting pot culturale. Sto cercando di raccontare con foga e potenza quello che è il luogo-tempo culturale che stiamo vivendo, la contaminazione assoluta: alla faccia dei muri e dei porti chiusi, voglio raccontare il movement of the people, persone che si connettono grazie alla libertà di movimento”. Forse per questo la prossima lingua che studierà sarà l’esperanto, quella che potrebbe riunire tutti i popoli sotto un unico linguaggio, com’era prima che dall’alto qualcuno portasse scompiglio su Babilonia. Tra tutte le verdure che rivisita e prepara, Marcello Trentini preferisce il pomodoro che, a proposito di contaminazioni culturali, non avremmo mai conosciuto “se Cristoforo Colombo non avesse sbagliato a impostare il TomTom”. Una canzone da dedicare al pomodoro? “Rock’n’Roll”, dei Led Zeppelin.
Foto di Federica Di Giovanni
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